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Oggi sono capitato sul nuovo sito di Wired. Complimenti per il restyling, e soprattutto per l’utilizzo della piattaforma WordPress che anche qui in InnoBrain viene ampiamente utilizzata su la maggior parte dei nostri progetti (circa il 90%).
Ho iniziato a leggere qualche articolo e voglio citare questa riflessione sulla piattaforma Facebook. Nell’ultimo anno avevo notato un calo drastico delle interazioni sulle Fan-page e adesso ho la certezza di ciò che sospettavo da mesi: se non paghi non giri. Ed inoltre gli account spammer sono veramente in aumento ad un livello pazzesco…sono dell’idea che il prossimo anno Google Plus sarà la piattaforma sulla quale investire maggiormente, per tanti tanti motivi…ma ne parlerò in un momento di maggior lucidità.
Christian Carlino
www.innobrain.it
È finita la pacchia: per i marchi che vogliono mettersi in luce su Facebook non ci sono più contenuti o foto impattanti che tengano. L’unica strada percorribile è quella dell’investimento pubblicitario. Lo ha ammesso il social network stesso, secondo una nota pubblicata dal portale AdAge. Nel documento di tre pagine intitolato “Generating business results on Facebook”, a Menlo Park ammettono di aspettarsi “una decrescita nel tempo della distribuzione organica dei post di una singola pagina”,ribadiscono l’intenzione di voler “rendere sempre più significativa l’esperienza che le persone hanno con la nostra piattaforma” e – questo è il punto centrale della questione – invitano gli amministratori delle pagine dei marchi a prendere in considerazione la distribuzione pagata “per massimizzare la prestazione del messaggio all’interno del news feed”.
In parole povere e fuori dal gergo del marketing, cosa vuol dire?
Chi ha una pagina fan, delle dimensioni di quella di Nutella (18 milioni di Like) o di proporzioni più contenute, noterà un coinvolgimento sempre minore degli utenti con i singoli post che pubblica. Questo si deve a una modifica dell’algoritmo a proposito della quale in tempi non sospetti, si parla di un anno fa, agenzie di pubblicità come GroupM avevano chiesto lumi. Il problema era, appunto, il crollo fino al 38% della visibilità dei contenuti da parte dei fan. In questi mesi la Web company californiana ha fatto muro sull’argomento, trincerandosi dietro la necessità di eliminare lo spam e non far circolare contenuti poco interessanti per gli utenti. E negando di aver messo mano all’intelligenza della macchina blu per stimolare la vendita degli annunci pubblicitari.
Il testo pubblicato da AdAge mette a nudo tutt’altra realtà. La stessa acquisizione dei fan viene definita utile per rendere più incisiva la pubblicità. Quindi: avere una pagina Facebook ben curata non serve più (principalmente) per rimanere in contatto con i propri seguaci, ma per creare una base ottimale da cui sparare messaggi (a pagamento) che si riveleranno più performanti. E ancora, la distribuzione gratuita e canonica dei contenuti viene citata solo in coda al miglioramento dell’efficacia delle sponsorizzazioni e al basso costo dell’investimento. Si tratta di un cambiamento d’approccio non da poco per un marchio, Facebook, che ha fatto della gratuità dei servizi, quantomeno della visibilità, la sua bandiera. Per chi ha sfruttato al meglio l’esposizione garantita dalla piattaforma fino a oggi, il successo ottenuto può trasformarsi in un’arma a doppio taglio: senza ulteriori sforzi economici, l’attività e i risultati ottenuti rischiano di vanificarsi. Almeno del 38%.
Fonte: Wired

Christian DeLord

Author Christian DeLord

Lui le idee le accende in tutti i colori e ne fa una melodia, perché oltre a essere il nostro guru su strategia e sviluppo Christian è anche musicista e scrittore. Romantico sognatore, conquista tutti i clienti regalando loro una rosa rossa e importanti obiettivi da raggiungere.

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